3 ottobre ’43 – L’insegnamento fu chiaro

Il 3 ottobre del 1943, un battaglione della divisione tedesca Goring, condotto da infami fascisti locali, si dirige verso il colle San Marco dove da settimane stanziavano i partigiani Ascolani. Negli intensi combattimenti, durati fino alla scossa di terremoto che mise in fuga i tedeschi, e tra i primi in campo aperto in Italia tra resistenti e nazifascisti, muoiono una trentina di partigiani. Molti vengono fucilati sul posto, alcuni condotti al forte Malatesta e poi mandati nei lager tedeschi; alcuni partigiani, riusciranno a guadagnare la ritirata.

qui sono consultabili i pannelli della mostra foto-documentaria “Fascismo e Resistenza nel Piceno”

Nel 2010, il Sindaco Castelli supera i suoi predecessori: rimanda le celebrazioni del 3 al  5 ottobre. Come se, per impegni non chiariti, si celebrasse il 25 aprile il 27 … o il 1° Maggio il 3, perchè quei giorni le istituzioni celebranti sono occupate.
Il 5 ottobre, avrà pensato l’ex-missino, sarà certamente una data più familiare: lasciato ai tedeschi l’infame compito di massacrare i partigiani, i fascisti ascolani ricostituivano la locale federazione fascista, a quel punto repubblicana, proprio il 5/10/1943
Ben superando insomma i buffi poltronari istituzionali, che prima di lui ogni anno omaggiavano, senza pudore, il sacrificio della lotta partigiana;
Ben oltre la ridicolaggine delle istituzioni tutte che prima accettarono, la Medaglia al Valore per Attività Partigiana (immeritatamente consegnata all’intera Città) per poi ‘scordarla’ puntualmente nella dicitura …

Non siamo noi a tifare perchè Castelli si avventuri fino al Sacrario Partigiano di Colle San Marco per spiegarci l’equivalenza tra “i caduti di entrambe le parti”, ma sicuramente questo passaggio simbolico, non è che un altro tassello nella marcia revisionistica dei politicanti fascisti della città (la querelle sugli scalini dell’Annunziata, l’ostracismo contro il film ascolano recentemente uscito “L’Ultimo Partigiano” e altre decine di episodi …)

Siamo consapevoli che la memoria antifascista non vive grazie alle istituzioni, che rappresentano quel governo Repubblicano che all’epoca seppe soffocare le istanze rivoluzionarie e reprimere l’insurrezione antifascista, mentre dava sostanziale continuità al fascismo.

La memoria vive nelle lotte. E serve per il futuro.
Del resto l’insegnamento fu chiaro, c’è solo da dargli corso.

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