da altrenotizie
La notizia è datata 29 settembre 2008, ma grazie alla nostra cosiddetta
informazione lo veniamo a sapere solo ora. Il protagonista è Gianni
Chiodi, neopresidente della Regione Abruzzo, in quota Pdl. Lo scenario
è Poggio Cono, brulla località di Teramo, dove il 17 febbraio del 2006
la discarica comunale “La Torre” è rovinosamente franata su stessa,
rovesciando nel sottostante fiume Vomano tonnellate di rifiuti non
trattati ed inquinando così la falda acquifera irrimediabilmente. Già
da tempo le associazioni ambientaliste avevano denunciato le
irregolarità che si perpetravano nel sito di raccolta rifiuti, una su
tutte l’instabilità dell’area scelta per la discarica: secondo il
“Piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico” ordinato dalla
Regione Abruzzo, il luogo deputato all’insediamento era etichettato
come P3, ovvero a pericolosità molto elevata e già nel 2004 la capienza
limite del sito era stata superata.
[segue]
Gli esposti dei cittadini e dei comitati non hanno tardato a
pervenire alla Procura e, dopo due anni di accertamenti, la lista degli
indagati prodotta ha fatto sobbalzare più di una poltrona: oltre
all’illustre Gianni Chiodi, ancora in veste di semplice sindaco di
Teramo, e ad Erminio D’Agostino – ex presidente della provincia in
quota Pd ed ex sindaco di Teramo – sono finiti nell’elenco anche l’ex
assessore comunale e oggi consigliere regionale Pdl Berardo Rabuffo,
l’ex sindaco teramano Angelo Sperandio (Pd), l’ex presidente della
provincia e oggi consigliere regionale Pd Claudio Ruffini e altri sei
tra dirigenti comunali, dell’Arta, della Provincia, nonché l’ex
dirigente della direzione regionale Rifiuti, Franco Gerardini.
Una compagine politica che dovrebbe sembrar variegata ma che finisce
per omologarsi (purtroppo) solo dinanzi alla giustizia. I capi
d’imputazioni mossi contro i 12 indagati vanno dalla gestione dei
rifiuti non autorizzata all’inquinamento dell’aria, da crollo colposo e
falso materiale per finire al disastro ambientale: secondo le
conclusioni degli inquirenti, i dirigenti di Provincia e Comune non
potevano non sapere della gestione irregolare della discarica e
soprattutto dovevano necessariamente essersi resi conto che il sito non
era più idoneo a ricevere rifiuti. L’udienza preliminare era stata
fissata per lo scorso 27 novembre ma gli impegni elettorali di Chiodi
hanno fatto slittare l’udienza preliminare al 26 febbraio, quando il
Gup Marco Billi ha ufficialmente rinviato a giudizio 11 persone, tra
cui lo stesso Chiodi e il democratico Erminio D’Agostino.
Il processo si terrà il prossimo 20 aprile e c’è da scommettere che in
aula ne sentiremo delle belle: dati i precedenti a firma Del Turco,
assisteremo probabilmente alla prossima bufera giudiziaria mediatica,
se non altro perché, oltre ai Pdl Chiodi e Rabbuffo, ci sono
immischiati anche un paio di esponenti del Pd! Ora, se il primo
pensiero che viene in mente dinanzi a questi fatti potrebbe essere una
spaventosa ipotesi di allargamento del Lodo Alfano alle cariche
regionali, il secondo sconfortante assunto che si evince da questo
stralcio di provincia è l’incuranza criminale con cui le istituzioni
locali gestiscono risorse vitali per il cittadino, come i rifiuti e
l’ambiente appunto. Ma la cosa che ancor più dovrebbe urticare è il
fatto che la nostra filiera politica brulichi di personaggi su cui
pendono accuse di reati lesivi del cittadino e dello Stato.
Berlusconi, nell’onanistica campagna elettorale abruzzese, c’aveva
anche provato: sull’onda dello scandalo Del Turco, aveva promesso di
candidare esclusivamente persone della fedina penale linda ma, più
fedele alla linea che mai, ha proposto un uomo sotto inchiesta per
malaffare che sta letteralmente rovinando l’Abruzzo. Sono anni che
Legambiente, il Wwf e i comitati locali sorti spontaneamente denunciano
la situazione disastrosa in cui versa l’ecosistema abruzzese: la
vicenda della discarica di Teramo è solo una delle tante piaghe, ad
essa si aggiungono l’inquinamento delle falde acquifere della Val
Pescara – zona in cui risiedono 500.000 cittadini – e l’annoso problema
dei centri di raffinamento petrolifero, che stanno devastando le
coltivazioni e regalando tumori agli abitanti.
L’80% della popolazione abruzzese è a rischio contaminazione, che siano
metalli pesanti o emissioni di idrogeni solforati poco importa, e ad
oggi i malati di cancro nella Regione sono circa 20.000, con una media
di dieci casi riscontrati al giorno: una cifra impressionante, se si
pensa che nell’industrialissimo e molto più popoloso Veneto, i casi
aggiornati al 2008 sono circa 17.000. Rimane perciò un interrogativo,
forse retorico: se gli abruzzesi avessero saputo in anticipo, cosa
probabile dati gli esposti in procura dei cittadini e la mobilitazione
di Legambiente e Wwf, avrebbero forse modificato il loro voto? Il
jocker vince sempre.