(messaggero, nazionale)
di Claudio Marincola
ROMA (20 dicembre) – «Il conto di mi moglie è in rosso ma la banca che ha paura di rimetterci blocca il mio». E’ una storia di piccole, quotidiane vessazioni bancarie quella che Giuseppe – ma il nome per rispetto della privacy è di fantasia – racconta. Di un marito che non può disporre liberamente del suo denaro. Prelevare. Digitare il Pin. Fare un assegno e riscuoterlo, usufruire del piccolo fido che gli fu concesso ben 12 anni fa.. «Vivo di stipendio per me andare in rosso a fine mese in attesa dell’acredito è quasi normale ma ora sono in attivo solo che mi lasciano prelevare i miei soldi», mostra l’ultimo estratto conto Giuseppe. Saldo + 334 euro. Banca Carige, filiale di Ascoli Piceno, via Indipendenza. Proprio in questi giorni il caso segnalato si è riproposto.
Scrive Giuseppe: «Mi trovo sospesa la Tredicesima e quindi senza un euro per il Natale, sembra assurdo ma è così. Al 31 dicembre il conto di mia moglie deve essere “sistemato“. E trovandosi lei "sotto" di 500 euro, il direttore ha pensato bene di “bloccare” la mia Tredicesima regolarmente accredita unitamente agli importi da me dovuti per due rate, una di un mutuo ed una di una carta di credito». Con un piccolo particolare: «Detti importi scadranno successivamente alla data del 27 dicembre», per l’esattenza il 15 gennaio. Come dire che il direttore si è premunito. E’ scattata una «sospensione cautelativa degli emolumenti».
Il signor Giuseppe ha passato da poco i cinquant’anni, è un impiegato. Il suo reddito mensile si aggira intorno al 1100 euro netti, una cifra che non ti fa scialare. La moglie ha un lavoro part-time che le consente di guadagnare qualcosa come 700 euro al mese. E’ un’economia ridotta all’osso, in questa situazione anche un debito di 500 euro può diventare un problema. Una rete di sicurezza sarebbe – in teoria – quel fido di 500 euro di cui dispone Giuseppe. O meglio di cui disporrebbe, «perché la banca non mi dà la possobilità di utilizzarlo. Eppure io non sono pignorato e non sono sulla lista dei cattivi pagatori visto che fu la stessa Carige a concedermi tre anni fa un prestito di 8000 euro da restituire in 5 anni, rate da 148 euro mensili».
«Mia moglie – racconta ancora Giuseppe – non ha più l’accredito in banca del suo stipendio. Un giorno si è sentita dire dal cassiere: «Ma lei signora che fa, preleva sempre e non versa mai?». Il fatto stesso che il cliente Giuseppe sia venuto a conoscenza del “rosso” della moglie tramite la banca parrebbe una palese violazione della privacy. «Noi siamo sposati e viviamo insieme, ognuno, duqne, sa tutto dell’altro, ma non mi è piaciuto il modo con cui mi è stato detto che mia moglie era andata “sotto”. In teoria, avrei potuto anche ignorare che mia moglie aveva un conto in banca, non erano tenuti a dirmelo».
E la Carige? Il direttore della filiale di Ascoli non ha gradito la nostra telefonata. La città conta 60 mila abitanti, non è una metropoli sterminata, i clienti li consoce uno per uno, non è stato necessario fare il nome per capire di quale cliente si stava parlando. «Di questa signora come cliente ne possiamo fare anche a meno. Se trova un’altra banca alla quale trasferire il conto, saldi il debito che ha con noi e vada via – è l’esordio del direttore. Escludo poi che ci sia stata da parte nostra una violazione della privacy, ricordo che quando si parlò del rosso era presente anche la signora». In quanto al blocco “preventivo” degli emolumenti il direttore non sembra farsi troppi problemi. «Se chi deve pagare le rate di un prestito che noi gli abbiamo concesso ha un’unica entrata di sostentamento e noi riteniamo opportuno premunirci non dobbiamo giustificarci con nessuno. Neanche con voi del Messaggero. Anzi, non vedo proprio perché dovrei continuare questa conversazione». Giù la cornetta, fine della conversazione.
Il signor Giuseppe ha segnalato questa situazione scrivendo a Dillo al Messaggero ma anche alla Carige, sede centrale di Genova. Per ora nessuna risposta. «Il direttore sa che il 27 mi accrediteranno lo stipendio, ma se oggi voglio prelevare i miei 334 euro o un parte del fido non posso. Siamo all’assurdo», insiste a sostenere le sue ragioni. «Il bancomat? Non me lo hanno mai dato, ma seppure lo avessi sono sicuro che me lo avrebbero bloccato». In questa guerriglia tra il cliente e banca il cliente è molto ma molto più debole e rischia tutte le volte di soccombere. Si va avanti a colpi di schermaglie. Giuseppe dal prossimo mese toglierà l’accredito dello stipendio e cambierà banca. Il direttore insiste: prima paghi il debito (della moglie). «Certi direttori sembrano essere rimasti indietro di trent’anni – commenta l’avvocato Mauro Novelli, segretario nazionale dell’Adusbef, l’associazione che tutela i clienti della banche – ora che gli istituti di credito stanno facendo di tutto per recuperare l’immgine le sue parole non sono più in linea con le politiche. La banca se vuole può togliere quando vuole la carta di credito a un suo cliente che ne fa un uso non corretto. Ma non può bloccare anzitempo gli impegni. Se il signor Giuseppe, poniamo il caso, emettesse oggi un assegno nel limite delle sue possibilità ma la banca lo considerasse scoperto incorrerebbe nel rischio di finire tra i protestati. Con tutte le conseguenze che questo comporta specie se si ha un’attivita commerciale». Non è il caso del signor Giuseppe che si accontenta di arrivare in modo “indolore” alla quarta settimana del mese. Direttore della banca permettendo.
"Le vessazioni perpetuate torneranno indietro sotto forma di pietre"
dice un proverbio cinese. Certo, secondo noi, la libertà non è una banca funzionante e disponibile… però l’odio sa crescere in tutte le direzioni.